L’eroe cinese, Parigi, Hérissant, 1780

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Appartamenti nel palazzo imperiale, destinati alle tartare prigioniere, distinti di strane pitture, di vasi trasparenti, di ricchi panni, di vivaci tappeti e di tutto ciò che serve al lusso ed alla delizia cinese. Tavolino e sedia da un lato.
 
 LISINGA ed ULANIA, nobili tartari, de’ quali uno inginocchiato innanzi a Lisinga in atto di presentarle una lettera
 
 LISINGA
 Del real genitore (Prende la lettera)
 i caratteri adoro,
 i cenni eseguirò. Quando dobbiate
 a lui tornar, farò sapervi. Andate. (Partono i tartari dopo gli atti di rispetto di lor nazione. Lisinga depone la lettera sul tavolino)
5Oh dio!
 ULANIA
                  Leggi, o germana,
 del padre i sensi.
 LISINGA
                                  Ah cara Ulania, ah troppo
 senza legger gl'intendo! Ecco l'istante
 che ognor temei. Partir dovrem; quel foglio
 senza dubbio ne reca
10il comando crudele. Or di' se a torto
 le novelle di pace
 mi facevan tremar.
 ULANIA
                                      Termina alfine
 la nostra schiavitù; la patria, il padre
 alfin si rivedranno. Amata erede
15tu del tartaro soglio, alle speranze
 di tanti regni alfin ti rendi; alfine
 torni agli onori, alle grandezze in seno.
 LISINGA
 Sì, tutto è ver; ma lascerò Siveno.
 ULANIA
 Ma la real tua mano
20sai che non è per lui; sai che nemico,
 sai che suddito ei nacque.
 LISINGA
                                                  Io so che l'amo;
 so che n'è degno assai, che il primo è stato,
 ch'è l'unico amor mio,
 che l'ultimo sarà, che, se da lui
25barbaro mi divide,
 senza saperlo il genitor m'uccide. (Siede)
 ULANIA
 Odi, o Lisinga, e impara
 da me fortezza. Io per Minteo sospiro
 e Minteo non lo sa; forse per sempre
30or da lui mi scompagno;
 me ne sento morir ma non mi lagno.
 LISINGA
 Felice te che puoi
 amar così. Del mio Siveno anch'io
 se potessi scordarmi... Ah non sia vero!
35Da sì misero stato
 mi preservin gli dei. Mi fa più orrore
 il viver senza amarlo
 che l'amarlo e morir.
 ULANIA
                                         Pria d'affannarti
 leggi quel foglio almen. Chi sa!
 LISINGA
                                                          Tu vuoi
40ch'io perda anche il conforto
 di poter dubitare. (Prende la lettera e vuole aprirla)
 
 SCENA II
 
 SIVENO e dette
 
 SIVENO
                                     Ah, dimmi; è vero
 ch'io ti perdo, o mia vita?
 LISINGA
                                                 Ha questo foglio
 del padre i cenni. Assicurarmi ancora
 io non osai della sventura mia.
45Leggi; qualunque sia,
 mi sembrerà men dura
 sempre fra' labbri tuoi la mia sventura.
 SIVENO
 «Figlia, è già tutto in pace; (Legge)
 non abbiam più nemici. Alla tua mano
50io l'onor destinai d'essere il pegno
 del pubblico riposo. A te l'erede
 del cinese diadema
 sarà consorte; e regnerai sovrana
 dove sei prigioniera. È il gran mistero
55noto a Leango; ei scopriratti il vero.
 Zeilan». Giusto ciel!
 ULANIA
                                        Che fia?
 LISINGA
                                                          Quel foglio (Si leva)
 forse mal comprendesti.
 SIVENO
                                               Ah no! Tu stessa
 leggilo, o principessa. (Le porge il foglio)
 LISINGA
                                           «A te l'erede (Legge)
 del cinese diadema
60sarà consorte». Ov'è costui? Menzogna
 dunque, o Siveno, è la tragedia antica?
 Ah parla, ah di'.
 SIVENO
                                Che vuoi, mio ben, ch'io dica?
 Mancava a' miei timori
 un ignoto rival!
 ULANIA
                               Fu pur dal soglio
65da' popoli ribelli
 discacciato Livanio.
 SIVENO
                                       E il quarto lustro
 siam vicini a compir.
 LISINGA
                                          Pur nell'esiglio
 i suoi dì terminò.
 SIVENO
                                   Sin da quel giorno
 che tu dell'armi nostre, io prigioniero
70restai di tua beltà.
 ULANIA
                                    Del regio sangue...
 SIVENO
 Nessun restò. Fu tra le fasce ucciso
 fin l'ultimo rampollo
 della stirpe real.
 LISINGA
                                 Ma questo erede
 chi mai sarà?
 ULANIA
                            Qualche impostor.
 LISINGA
                                                                Leango,
75il padre di Siveno
 complice d'un inganno! Ah no. Deh corri,
 vola al tuo genitor; chiedi, rischiara
 i miei dubbi, o Siveno, i dubbi tuoi.
 SIVENO
 Ah principessa, ah che sarà di noi!
 
80   Ah se in ciel, benigne stelle,
 la pietà non è smarrita,
 o toglietemi la vita
 o lasciatemi il mio ben.
 
    Voi che ardete ognor sì belle
85del mio ben nel dolce aspetto,
 proteggete il puro affetto
 che inspirate a questo sen. (Parte)
 
 SCENA III
 
 LISINGA ed ULANIA
 
 LISINGA
 Tutti dunque i miei dì saran, germana,
 neri così?
 ULANIA
                     Non li sperar sereni.
 LISINGA
90Perché?
 ULANIA
                  Perché avveleni
 sempre col mal che temi il ben che godi.
 LISINGA
 Or qual ombra ho di ben?
 ULANIA
                                                  Qual? Tu non parti;
 Siveno è qui; questo temuto erede
 non comparisce ancor. Sempre disastri
95perché temer? Figurati una volta
 qualche felicità; spera in Siveno
 cotesto erede.
 LISINGA
                            Ah sarei folle.
 ULANIA
                                                       È vuoto
 pur questo soglio; estinta
 è la stirpe real; del gran Leango
100Siveno è figlio; e del cinese impero
 è Leango il sostegno,
 il decoro e l'amore. Ei, che fu il padre
 finor di questi regni, oggi il monarca
 farsene ben potria.
 LISINGA
                                      Perché nol fece
105dunque finor? Sempre ha potuto.
 ULANIA
                                                               Il trono
 vuoto serbò, come dovea, Leango
 all'esule suo re; ma, quello estinto,
 a chi più dee serbarlo?
 LISINGA
                                            Ah che purtroppo
 quest'incognito erede
110purtroppo vi sarà.
 ULANIA
                                    Dunque ad amarlo
 l'alma disponi.
 LISINGA
                              Io?
 ULANIA
                                       Sì. Fingi che sia
 amabile, gentil...
 LISINGA
                                  Taci.
 ULANIA
                                              Cancelli
 l'idea d'un nuovo amore...
 LISINGA
 Taci, crudel; tu mi trafiggi il core.
 
115   Da quel sembiante appresi
 a sospirare amante;
 sempre per quel sembiante
 sospirerò d'amor.
 
    La face a cui m'accesi
120sola m'alletta e piace;
 è fredda ogni altra face
 per riscaldarmi il cor. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ULANIA, poi MINTEO
 
 ULANIA
 Ecco Minteo; si eviti. Ah s'ei sapesse
 quanto mi costa il mio rigor... (In atto d’incamminarsi)
 MINTEO
                                                         Tu fuggi,
125bella Ulania, da me? Ferma; se il volto
 del povero Minteo tanto ti spiace,
 tocca a lui di partir; rimanti in pace. (In atto di partire)
 ULANIA
 Senti. (Minteo si rivolge e resta lontano) (Che dolce aspetto,
 che modesto parlar!) T'appressa. (Minteo s’avvicina rispettosamente) Imposi
130pure a te d'evitarmi? (Con serietà)
 MINTEO
                                           È ver. (Con rispetto)
 ULANIA
                                                         Ma dunque
 a che vieni?
 MINTEO
                         Perdona; io vengo in traccia
 del mio caro Siveno. Un folto stuolo
 di manderini impaziente il chiede.
 ULANIA
 Me non cercasti?
 MINTEO
                                  No.
 ULANIA
                                            Di non amarmi
135la legge ti sovvien?
 MINTEO
                                     Sì.
 ULANIA
                                             Di Siveno (Con risentimento)
 siegui dunque l'inchiesta.
 MINTEO
                                                  Oh dio! Sì presto
 non scacciarmi, crudel.
 ULANIA
                                             Se più non m'ami,
 di che lagnar ti puoi?
 MINTEO
                                          Se più non t'amo,
 t'adoro e non t'offendo. In cielo ancora
140v'è un nume, non si sdegna e ognun l'adora.
 ULANIA
 (Che fido cor!) (Con tenerezza)
 MINTEO
                               Ma se gli omaggi miei
 t'offendono così, l'ultima volta
 questa sarà che tu mi vedi. (In atto di partire)
 ULANIA
                                                     (Oh dio!)
 MINTEO
 Da te lungi, idol mio,
145disperato vivrò; ma il bel sereno
 non turberò di quei vezzosi rai.
 Forse io morrò d'amor, tu nol saprai. (In atto di partire)
 ULANIA
 Minteo, m'ascolta. Io non son tanto ingiusta
 quanto mi credi. Io te non odio; ammiro
150il tuo valor, la tua virtù; mi piace
 quel modesto contegno,
 quell'aspetto gentil; ma...
 MINTEO
                                                 Che?
 ULANIA
                                                             Ma il fato (Con dolcezza)
 troppo il tuo dal mio stato
 allontanò. Tanta distanza...
 MINTEO
                                                   Ah dunque (Con allegrezza)
155in Minteo non ti spiace...
 ULANIA
 Che gli oscuri natali. (Con lieta tenerezza)
 MINTEO
                                         E se foss'io
 di te più degno...
 ULANIA
                                  Ah se tu fossi... Addio. (Con serietà)
 
    Io del tuo cor non voglio
 gli arcani penetrar;
160gli arcani non cercar
 tu del cor mio.
 
    È in me dover l'orgoglio;
 né lice a te saper
 quanto del mio dover
165lieta son io. (Parte)
 
 SCENA V
 
 MINTEO, poi LEANGO
 
 MINTEO
 Non mi lusingo invano,
 il cor d'Ulania è mio; ne intendo i moti
 che asconde il labbro e che palesa il ciglio.
 LEANGO
 Minteo, dov'è il mio figlio?
170Come tu qui senza di lui?
 MINTEO
                                                 Ne vado,
 signore, in traccia.
 LEANGO
                                     Ascoltami, rispondi
 e parlami sincero. Ami Siveno? (Con gravità)
 MINTEO
 Ami Siveno! Ah qual richiesta! (Con istupore) Io l'amo
 eroe, compagno, amico,
175protettor nella reggia,
 difensor fra le schiere,
 per genio, per costume e per dovere.
 LEANGO
 Ti rammenti chi fosti? (Con gravità)
 MINTEO
 Un mendico fanciullo, in man straniera,
180de' suoi natali ignaro.
 LEANGO
                                          Ed or chi sei?
 MINTEO
 Ed or, mercé l'amica (Turbato)
 tua benefica man, fra' sommi duci
 colmo d'onori e di ricchezze, io veggo
 delle forze cinesi una gran parte
185pender dal cenno mio.
 LEANGO
                                            Sai qual tu debba (Grave e serio)
 gratitudine e fé...
 MINTEO
                                   Perché, signore, (Con trasporto di passione)
 mi trafiggi così? Qual mio delitto
 meritò questo esame? Infido, ingrato
 dunque mi temi? Ah tutti i doni tuoi
190ritoglimi, se vuoi; prendi il mio sangue;
 non parlerò; ma questo dubbio, oh dio!
 non posso tollerar.
 LEANGO
                                    Vieni al mio seno, (Sereno)
 caro Minteo. La tua virtù conosco,
 la sprono e non l'accuso. Avrò bisogno
195oggi forse di te.
 MINTEO
                               Spiegati, imponi.
 LEANGO
 Va'; non è tempo ancor.
 MINTEO
                                              Finch'io non possa
 darti un'illustre prova
 della mia fé, non avrò pace mai.
 LEANGO
 Va', Minteo, ti consola, oggi il potrai. (Misterioso)
 MINTEO
 
200   Il padre mio tu sei,
 tutto son io tuo dono;
 se a te fedel non sono,
 a chi sarò fedel?
 
    D'affetti così rei
205se avessi il cor fecondo,
 m'involerei dal mondo,
 m'asconderei dal ciel. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 LEANGO solo
 
 LEANGO
 Ecco il dì che finora
 tanto sudor, tanti sospiri e tante
210cure mi costa. Il conservato erede
 dell'impero cinese
 oggi farò palese; oggi al paterno
 vedovo trono il renderò. Mi veggo
 alfin vicino al porto e non mi resta
215scoglio più da temer. Gli autori indegni
 del ribelle attentato il tempo estinse,
 dissipò la mia cura; a me fedeli
 sono i duci dell'armi; avrò d'elette
 tartare schiere al cenno mio fra poco
220lo straniero soccorso; è tempo, è tempo
 di compir la bell'opra. Ah voi, superne
 menti regolatrici
 delle vicende umane,
 secondate il mio zel. Mi costa un figlio,
225voi lo sapete. Ah questa sola imploro
 sospirata mercé di mia costanza;
 poi troncate i miei dì; vissi abbastanza.
 Ma... qual tumulto...
 
 SCENA VII
 
 LEANGO e SIVENO con manderini
 
 LEANGO
                                        Onde sì lieto? E dove
 t'affretti, o figlio?
 SIVENO
                                   a' piedi tuoi. (S’inginocchia e seco alcuni de’ suoi seguaci)
 LEANGO
                                                             Che fai?
230Sorgi. E voi che chiedete? (Agli altri)
 SIVENO
                                                   Il nostro, o padre,
 monarca in te.
 LEANGO
                              Figlio, ah che dici!
 SIVENO
                                                                  Alfine...
 LEANGO
 Sorgete o non v'ascolto. (Si levano)
 SIVENO
                                              Alfin corona
 i tuoi meriti il ciel. Di tanti regni,
 conservati da te, per te felici,
235pieni de' tuoi trofei,
 se fosti padre, imperadore or sei.
 LEANGO
 Come!
 SIVENO
                I duci, il Senato,
 i ministri del ciel, gli ordini tutti
 chiedon, signor, l'assenso tuo; l'esige
240il pubblico desio; del vuoto soglio
 lo dimanda il periglio;
 ed a nome d'ognun l'implora un figlio.
 LEANGO
 (Tu vorresti, o fortuna,
 di mia fé trionfar; no, la mia fede
245al tuo non cede insidioso dono
 e a farla vacillar non basta un trono).
 SIVENO
 Tu pensi, o padre!
 LEANGO
                                    E ne stupisci? Ah sai
 di che peso è un diadema e quanto sia
 difficile dover dare a' soggetti
250leggi ed esempi? Inspirar loro insieme
 e rispetto ed amore? A un tempo istesso
 esser giudice e padre,
 cittadino e guerrier? Sai d'un regnante
 quanti nemici ha la virtù? Sai come
255all'ozio, agli agi, alla ferocia alletta
 la somma podestà? Come seduce
 la lusinga e la frode
 che ogni fallo d'un re trasforma in lode?
 SIVENO
 Il so. Tu mi spiegasti
260di questo mare immenso
 tutti i perigli.
 LEANGO
                            Ed hai stupor s'io penso?
 SIVENO
 Quando esperto è il nocchiero...
 LEANGO
                                                            Andate, amici. (a’ manderini che ricevuto l’ordine partono)
 Si raccolga il Senato; ivi i miei grati
 sensi udirete. E tu frattanto al tempio
265sieguimi, o figlio. Ivi il gran nume adora
 e fausto il cielo a' miei disegni implora. (Misterioso)
 
    Nel cammin di nostra vita
 senza i rai del ciel cortese
 si smarrisce ogni alma ardita,
270trema il cor, vacilla il piè.
 
    A compir le belle imprese
 l'arte giova, il senno ha parte;
 ma vaneggia il senno e l'arte,
 quando amico il ciel non è. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 SIVENO e LISINGA
 
 LISINGA
275Siveno, ascolta. (Allegri sommamente)
 SIVENO
                                Ah mia speranza!
 LISINGA
                                                                  È vero
 che il padre tuo...
 SIVENO
                                   Sì, tutto è ver.
 LISINGA
                                                               L'erede
 dunque or tu sei di questo trono?
 SIVENO
                                                               Addio.
 Di te degno a momenti,
 cara, ritornerò.
 LISINGA
                               Senti. Ma donde
280così strane vicende...
 SIVENO
 Sappi... Ah non posso; il genitor m'attende. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 LISINGA sola
 
 LISINGA
 E non sogno? Ed è vero?
 Sì, del cinese impero
 ecco il mio ben diventa erede. È chiaro
285l'arcano ch'io temea. Sponde felici (Trasportata)
 dove appresi ad amar, dunque io non deggio
 abbandonarvi più? Dunque, o Siveno,
 sempre teco vivrò? Dunque... Ah con tanto
 impeto... affetti miei...
290al cor non vi affollate; io... ne morrei.
 
    Agitata per troppo contento
 gelo, avvampo, confonder mi sento
 fra i deliri d'un dolce pensier.
 
    Ah qual sorte di nuovo tormento
295è l'assalto di tanto piacer! (Parte)
 
 Fine dell’atto primo